'Fratelli dello spazio profondo' di Erika Corvo
Nota
biografica
Tutto quello che Erika ha imparato, l’ha
imparato da sola. Anche a leggere, perché non aveva null’altro da fare. Ma non i
libri per bambini: quelli da grandi! Pirandello, Trilussa, Kipling, Tomasi di
Lampedusa, Salgari… E naturalmente, i romanzi di fantascienza, con cui ha
nutrito la sua fantasia, che a sua volta, le ha consentito poi di scrivere le
storie che ancora non c’erano e che avrebbe voluto leggere. Quei mondi
possibili, per dirla con Lewis, che Erika inventava perché non le piaceva più il
mondo in cui viveva, dove era costretta a tirare avanti a fatica dopo due
matrimoni disastrosi e due figli, barcamenandosi tra mille lavori.
E in tutto questo, scrivere, scrivere i libri
che avrebbe voluto leggere.
Erika Corvo |
INTERVISTA:
1) Gentile
Autrice, ci racconti il suo approccio con il mondo dei libri, e le motivazioni
che l'hanno spinta a scegliere di scrivere.
No no no, “Gentile Autrice” ditelo a
qualcun’altra, non a me. Il mio approccio alla vita è diverso da quello di
moltissimi altri. Non ho pregiudizi, quindi, quando parlo con qualcuno che non
conosco, inizio con uso dell’amichevole “tu”, sperando che l’interlocutore sia
degno della mia amicizia e del mio rispetto. Se poi la persona con cui parlo,
invece, se ne dimostra indegna, allora prendo le distanze con l’uso del
“Lei”.
Dunque, ciao a tutti e grazie per lo spazio che
mi avete concesso.
I miei non mi facevano mai uscire di casa, e il
mio unico svago erano i libri. Ho imparato a leggere molto prima delle
elementari, solo perché mi annoiavo e non sapevo come passare il tempo. Mio
fratello era più grande di tre anni, e andava già a scuola. Quando arrivavano i
suoi libri, sussidiario e libro di lettura, lui non li leggeva per tutto l’anno
scolastico, io li avevo già letti di nascosto prima di novembre. (“Cosa fai col
libro di tuo fratello? Mettilo via che glielo sciupi!” “Ma guardo solo le
figure.” Palle. Li sapevo a memoria.)
Va da sé che quando venne il mio turno di
andare a scuola, mi annoiassi da matti. Loro leggevano Pinocchio, io leggevo
Kipling. Loro leggevano I tre porcellini, io leggevo la vita di Pasteur e i
cacciatori di microbi. Loro leggevano Piccole donne, io leggevo I Peccati di
Peyton Place e Lolita. Loro leggevano Biancaneve, io ci davo già dentro con gli
Urania e con Salgari. Non potrei vivere senza leggere o senza scrivere.
Mio padre si divertiva a scrivere poesiole,
raccontini, filastrocche e cambiava i testi alle canzoni facendole diventare
spiritose. Niente di speciale, ma amici e parenti si divertivano alle sue
trovate. Io sono cresciuta sapendo che fosse possibile farlo; era una cosa
normale, e credevo che tutti lo potessero e lo sapessero fare. Andavo ancora
alle elementari quando ho iniziato a farlo anch’io. E lo facevo bene. Ci sono
rimasta male quando ho capito che gli altri, invece, non ci riuscissero.
Scrivere, è sempre stata la mia passione. Ho
iniziato col diario, quando ero proprio piccola. Alle medie avevo già scritto
varie raccolte di poesie e iniziavo a cimentarmi nei racconti. Ingenui,
stupidotti, semplici… ma imparavo cosa si dovesse scrivere, e come farlo sempre
meglio. Sono sempre stata spietata con me stessa, non mi sono mai crogiolata
pensando di essere brava, se quello che facevo non era perfetto.
2)Ci sono degli autori a cui ti
ispiri e dei libri che preferisci in modo particolare?
Eh, domanda difficile: di libri, ne avrò letti
migliaia, e non esagero. Non dimenticate che fino a quindici anni, sono uscita
di casa solo per andare a scuola, e tutto il mio tempo l'ho passato a consumarmi
gli occhi sulla ben fornita libreria paterna! A quali autori, e a quali libri
resto più legata? A tutti quelli scritti da Robert Heinlen, Robert Sheckley,
Ursula Le Guin, e poi Marion Zimmer Bradley, l'infinita serie degli Urania, la
collana Cosmo dell'Editrice Nord, l'esilarante e splendida trilogia del Piccolo
Popolo dei Grandi Magazzini, di Terry Pratchett... e come faccio a citarli
tutti? Solo gli Urania e i Cosmo erano centinaia! Ma anche se la fantascienza è
stata il mio grande amore, ho sempre letto qualsiasi, e dico qualsiasi cosa
avessi tra le mani. Anche la Bibbia. Quando arrivano i Testimoni di Geova
scateno furiose polemiche perché la conosco meglio di loro! Adesso mi stanno
alla larga, non trovano argomenti per ribattere!
Ma da dopo sposata, chi ha mai più avuto i
soldi per comprare un libro? Io leggo quelli che gli altri lasciano in un
apposito scaffale davanti alla biblioteca comunale, dove si mettono i libri di
cui uno si voglia disfare, in modo che qualcun altro possa leggerli, invece di
buttarli nel cassonetto bianco.
3)Scrivere per te è un mestiere? Se
per ora non lo è, vorresti che lo diventasse?
Scrivere? Sorprenderò molti con questa
risposta, ma non vorrei diventasse un mestiere. Finora ho scritto solo per me,
ed ora ho iniziato a pubblicare qualcosa. Un conto è scrivere e poi pubblicare,
ben altro è scrivere per pubblicare. Se lo fai per pubblicare devi abbassarti al
livello commerciale e scrivere robaccia adatta alle varie desperate housewives,
affamate di erotismo perché insoddisfatte dei compagni. Quindi, scrivo quello
che soddisfa me e i miei esigentissimi gusti letterari. Poi, piace agli altri?
Non piace? Non è un problema mio. Ognuno legga quello che gli pare.
4)Cosa ami della letteratura classica
e cosa della contemporanea? E a quale delle due ti senti più
legata?
Sono assolutamente legata alla letteratura
classica. Cosa amo di questa? Per prima cosa, non si pubblicava nulla che non
fosse scritto in italiano perfetto. In secondo luogo, mi ha permesso di imparare
costumi e usanze del passato, di popoli lontani, di religioni diverse, stili e
modi di esprimersi antichi; differenti, magari obsoleti, ma sempre affascinanti.
Chi ha detto che la macchina del tempo non sia stata ancora inventata? Per il
passato basta aprire un libro del secolo scorso. Per il futuro, da Jules Verne
in poi, c’è la fantascienza. Irrealizzabile, dite? Sappiate che gli scienziati
di tutto il mondo non hanno fatto altro che spulciare tutti i libri di
fantascienza per cercare di realizzare nuove cose, scopiazzandole da quelli. Mi
sembra che la CIA, in America, abbia un’intera sezione specializzata, di
lettori, alla ricerca di nuove armi e nuove invenzioni. Non ci credete? Dopo
Harry Potter, stanno lavorando sull’antigravità, partendo proprio… dai manici di
scopa!
E la letteratura moderna? Mah, per il momento,
piuttosto deludente. Aspetto. Come per ogni altra cosa, basta lasciar
sedimentare il tutto: tra un ventennio resteranno a galla solo i capolavori. Il
resto, fuffa e paccottiglia, saranno affondati nella melma.
5)Cosa pensa del Mercato
Editoriale odierno?
In America scrivono cose dinamiche: azione,
movimento, ritmo incalzante, drammaticità, violenza, forza, passioni…
I romanzi italiani, in genere, sono storie
d’amore noiose e banali, roba che potresti tranquillamente farti raccontare
dalla comare vicina di casa senza neanche spendere soldi. Basta offrirle il
caffè, e ti racconta di quelle cose… Oltretutto, la comare di solito racconta
con un’enfasi, una drammaticità e un pathos, decisamente superiori agli
scrittori attuali. Quante volte ho sentito persone affermare: “della mia vita si
potrebbe scrivere un libro”. E hanno ragione: il più delle volte, quello che
raccontano loro sarebbe davvero più interessante di parecchia roba attualmente
in libreria!
6)Progetti per il futuro?
Appena avrò un po’di tempo, cercherò di
pubblicare “Black Diamond” e “Tutti i Doni del Buio”, secondi episodi,
rispettivamente, di Fratelli e di Blado 457, l’altro mio romanzo già
edito.
“Tutti i doni del buio”, della serie
post-atomica, è pronto. “Black Diamond” è ancora da rivedere un attimino, ma in
definitiva è pronto anche quello. Poi copierò gli altri cinque ancora scritti su
carta, e finito l’ingrato compito, scriverò gli altri che abitano ancora nella
mia mente, e che aspettano solo di vedere la luce…Sentirete presto parlare dei
miei amici immaginari… sperando possano diventare anche amici vostri!
Ringrazio Erika per aver risposto alle mie
domande, lasciando spazio alla mia Recensione
Recensione
“fratelli dello spazio profondo” di Erika Corvo
L’evento principale di questo libro è un rapimento.
Quello compiuto dall’autrice, che carica il suo lettore dapprima su una navetta passeggeri e poi su una nave da guerra, la Black Diamond, e lo conduce in una fantastica ambientazione stellare, là dove c’è spazio per tutto ciò che vogliamo immaginare.
Così ecco prendere vita sotto i nostri occhi i protagonisti, che raccontano se stessi in un prisma che costruisce una giostra di punti di vista.
Ed è come se parlassimo con loro, magari proprio sulla Black Diamond, forse davanti ad un bicchiere di mamoa - quale mai sarà il sapore di questa bevanda dello spazio? - e Brian, lo studente brillante ma preso di mira da tutti i compagni ci racconta della scuola su Ottol, del suo unico amico, il professor - il Devaj prof - Stylo Van Petar, esperto di esplosivi con un passato da cui deve nascondersi …
E Stylo parla a sua volta di questo strano ragazzo - il migliore, accidenti! - abbandonato a se stesso senza difesa alcuna dagli insegnanti, perché rientrante in un progetto di addestramento della Federazione Interplanetaria; totalmente avvezzo all’uso della violenza, unica arma che conosca per difendersi.
E poi, scopriamo insieme a Brian della rivolta su Bagen, il suo pianeta d’origine, e lo vediamo scappare insieme a Stylo, anche lui messo alle strette dal rettore, e rubare una navetta della scuola …
Gli astri sono loro favorevoli, ed ecco che dopo una serie di peripezie ritroviamo Brian pirata, comandante di una nave, il brutale Diamante Nero. Cerca la sua vendetta senza farsi molti scrupoli nell’uccidere quando serve ma, in fondo, per una causa giusta: ritrovare e salvare gli abitanti del suo pianeta e con essi i suoi fratelli, dei quali non ha più notizie, tutti ridotti in schiavitù nonostante questa sia proibita dalla legge.
Questo mondo interplanetario non si rivela allora così distante dal nostro: dalle pagine del libro sembra trasparire che miseria, sopraffazione e corruzione regnino ovunque ci sia vita,.
Brian è un comandante spietato, dunque, ma rivela insperati tratti dolci. Lo racconta la voce di Juno, figlia del governatore Lancert, che Brian ha rapito allo scopo di far scoppiare uno scandalo tale da farlo cadere in disgrazia.
Così, attraverso le parole della ragazza, spiamo questo giovanissimo e geniale comandante. Lo vediamo capace di far cadere in trappola uno dei pezzi da novanta della Federazione Interplanetaria, capace di uccidere i suoi nemici tra le peggiori torture. Ma lo scopriamo anche nell’infermeria della sua nave, intento a prodigarsi sugli schiavi che ha appena tratto in salvo e curarli, a donare il proprio sangue per una trasfusione o cambiare loro una fasciatura.
Perché in fondo Brian non è una bestia feroce, è solo un uomo che hanno addestrato ad uccidere. Ed è lui stesso, sul finire del libro, ad affermare come si senta stanco di questa vita, e di come voglia “imparare a volare”.
Su Brian vigila costantemente la figura quasi parentale di Stylo, suo secondo in comando, il quale durante le operazioni militare lo chiama “comandante” ma che è l’unico a poterlo comandare. L’unico che possa alzare la voce con lui, che possa intimargli di calmarsi. Il primo a credere nelle sue potenzialità, a scuola, e il primo a credere in questa sua vena d’umanità ancora viva.
Storia d’azione quindi, raccontata con ritmo e abilità e con tanta varietà di dettagli talmente precisi, che potremmo quasi disegnare i paesaggi che il Diamante Nero incontra, e tracciare su una mappa stellare i suoi piani d’attacco, stesi davanti ai nostri occhi con la stessa ricchezza e lucidità di un film.
Ma anche storia di un’amicizia, quella tra Brian e Stylo; e poi quella tra Brian e Juno, e il loro rapporto non è chiaro fino alla fine, sempre in bilico tra affetto, necessità , amicizia.
Dunque, una situazione molto realistica anche su questo fronte.
Forse, le stelle non sono così lontane come sembra
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